L’INAUGURAZIONE DEL SANTUARIO

La notte di Natale 1951, alle ore 23, vi è la prima inaugurazione della Cripta. Un’ora di adorazione, a cui segue la Messa solenne. L’altare era ancora provvisorio, in gesso. L’inaugurazione vera e propria si ha il 27 gennaio 1952, la domenica dopo la festa di San Paolo. L’altare in marmo giunge nei mesi seguenti, e viene consacrato il 20 agosto 1952 dal Vescovo Mons. Traglia. La comunità paolina aveva ora il suo luogo di incontro con Dio.

Intanto proseguono i lavori. E già il prof. Santagata è impegnato ad affrescare la cupola della chiesa superiore.

Si giunge finalmente al momento atteso da tutti: la vera e grande festa, quando il Vescovo Mons. Ettore Cunial consacra il Tempio. È il 1954. La funzione inizia il pomeriggio del 29 novembre e riprende il mattino del 30. La data iniziale, fissata per l’8 dicembre, viene anticipata perché in quel giorno i vescovi sono impegnati per la chiusura dell’anno mariano (08.12.1953-08.12.1954) presso la Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma.

Vale la pena ricordare, per i suoi significati, il rito di consacrazione. È l’atto definitivo con cui il Tempio viene – completamente e per sempre – offerto a Dio per il suo culto.

Inizia con la lustrazione, ossia il lavaggio simbolico dell’edificio, e la presa di possesso della chiesa. Il Vescovo per tre volte fa il giro della chiesa e ne asperge i muri esterni. Quindi bussa alla porta. La terza volta, dice a voce alta: «Aprite!». La porta viene aperta. «Pace a questa casa».

Il Vescovo entra, per primo. Seguito dal popolo. Inginocchiatosi al centro della chiesa, recita le litanie dei Santi e invoca la discesa dello Spirito Santo. Quindi, in nome di Cristo, prende possesso dello spazio della chiesa: lo fa – a somiglianza degli antichi agrimensori – segnando con le lettere dell’alfabeto greco e latino le due strisce di cenere tracciate da un lato all’altro della navata, a forma di «X», simbolo di Cristo.

Segue la lustrazione interna della chiesa. Il Vescovo la compie con l’acqua gregoriana, da lui preparata in precedenza sciogliendovi cenere (come si usava in campagna per il bucato), e aggiungendovi sale e vino (le prime sostanze disinfettanti scoperte dall’uomo). Con un ramo d’issopo (pianta che fin dai tempi dell’Antico Testamento viene usata per le benedizioni) asperge per sette volte l’altare maggiore, con uso abbondante di acqua. Asperge poi le pareti della chiesa, compiendone il giro tre volte, e il pavimento; infine volge l’issopo in direzione dei quattro venti, e canta l’elogio dell’acqua, fonte di vita e di purificazione.

Ora che l’ambiente è mondato, centro della funzione diventa l’altare. Il Vescovo, vestito di bianco a sottolineare la santità del luogo e del momento, inizia la consacrazione dell’altare. Per prima cosa lo unge con il sacro crisma (olio mescolato a balsamo): l’olio è simbolo di forza e il profumo del balsamo è simbolo di grazia e di virtù. Con questa unzione l’altare diventa simbolo di Cristo, che è ed è chiamato l’Unto, cioè il Consacrato per eccellenza.

Quindi il Vescovo traccia sopra cinque croci con l’incenso, a cui dà fuoco, a significare che il sacrificio di Cristo perpetuato sull’altare sale a Dio. L’olio, elemento di consacrazione, sarà usato ancora per tracciare dodici croci lungo le pareti (dove verranno apposte, a ricordo, altrettante croci di bronzo), a significare che la chiesa ora è dedicata in modo totale e permanente al culto cristiano. L’incensazione dell’ambiente della chiesa indica che per mezzo della dedicazione essa diviene casa di preghiera, mentre l’incensazione del popolo indica che esso è il tempio vivo, nel quale ogni fedele è un altare spirituale.

Intanto vengono portate in processione, entro un cofanetto d’argento, le reliquie dei martiri. La loro presenza è importante, giacché questi santi, sacrificatisi a somiglianza di Cristo, sono considerati i più degni intercessori tra i fedeli e Dio. Partecipa alla processione tutto il clero, vestito di paramenti rossi in omaggio ai martiri (rosso è il colore del sangue). Le reliquie, sono portate a spalla dai diaconi: intorno, dei chierici reggono le palme, simbolo del martirio, e torce accese.

Dopo aver preparato con le sue mani la calce e il cemento, il Vescovo mura con la cazzuola, entro l’altare, il cofanetto contenente le reliquie dei martiri. Depostavi sopra la lastra di marmo, unge di nuovo l’altare, che poi ricopre con le tovaglie benedette.

«Questa è la porta della terra aperta sul cielo – esclama il Vescovo -. Com’è amabile la tua casa, o Signore!». E sull’altare appena consacrato officia la prima Messa.

Alle ore 18 del 30 novembre, un’ora di adorazione e di ringraziamento davanti all’Eucaristia. In quella occasione, facendosi voce di tutti, don Alberione traduce in meditazione, canto e preghiera, tutta la storia del Santuario.

«Dice la Scrittura: “Fate voti al Signore Dio nostro; e adempiteli”.

Sono circa quindici anni dacché si era scatenata la seconda guerra mondiale: essa causò tantissime vittime non solo tra i combattenti, ma pure tra i civili, tra le popolazioni inermi. Già allora la Famiglia Paolina era sparsa in diverse nazioni e composta di molti membri; e tanti di essi giorno e notte stavano trepidanti nel timore di una morte tragica. Le pene e i timori di ognuno si assommavano nel cuore del Primo Maestro. Questi, preso consiglio, interpretando il pensiero di tutti prese l’impegno: “Maria, Madre e Regina degli Apostoli, se salverai tutte le vite dei nostri e delle nostre qui costruiremo la chiesa al tuo nome”.

l luogo della promessa è presso a poco il centro della chiesa costruita ed è compreso nel circolo segnato nel pavimento e circoscritto dalle parole lapidarie: ANNO MARIANO CONFECTO – DIRO BELLO INCOLUMES – FILII MATRI VOTO P. – DIE VIII DEC. MCMLIV. Cioè: al termine dell’Anno Mariano – usciti incolumi dalla tremenda guerra – i Figli offrono alla Madre in adempimento del loro voto – il giorno 8 dicembre 1954…

Ed eccoci oggi a sciogliere il voto: ti offriamo questo modesto Santuario, sede del tuo trono, come a nostra Regina. Ogni mattone rappresenta i sacrifici dei tuoi figli e di molti Cooperatori, il cui nome (anche se ignoto agli uomini) è scritto nei registri posti ai tuoi piedi,

quasi a supplica e testimonianza di fede. Ricordali tutti, o Maria. E ciò che più importa è: il loro nome è scritto in cielo.

Tutti, oggi, i tuoi figli e le tue figlie sono felici, giacché dopo la chiesa a San Paolo ed al Divin Maestro, tutti insistevano per una chiesa in tuo onore. Ti offriamo cose che sono già tue: “de tuis donis ac datis”; poiché hai mosso i nostri cuori ed aperte le mani; da te ti sei costruita questa casa. Hai illuminato gli artisti, guidato i lavoratori, suscitato fervore in tutti, sempre più, man mano che si avvicinava questo bel giorno.

Sii benedetta! O Madre, Maestra e Regina! Tu hai data l’ispirazione, il volere, il potere» (Don Giacomo Alberione, Dedicazione del Santuario della Regina degli Apostoli, in: San Paolo, novembre/dicembre 1954).

Nel quadro dei festeggiamenti, durati 10 giorni, dal 29 novembre all’8 dicembre 1954, nel Tempio si svolsero particolari celebrazioni liturgiche, sempre aperte da meditazioni di don Alberione su aspetti della vita paolina incentrati nella devozione mariana.

Alla Consacrazione fa seguito, il 5 dicembre 1954, l’inaugurazione ufficiale della chiesa e l’ordinazione sacerdotale di 15 Paolini. Alle 17, il concerto sinfonico mariano ad opera dell’orchestra della RAI. Don Alberione, prendendo la parola, indica alcune finalità della chiesa: «Essa può già sufficientemente servire: come centro di pietà eucaristica e mariana; come luogo di continue adorazioni per tutte le vocazioni, per i bisogni della Chiesa, dei Cooperatori e nostri; per le intenzioni del Papa…».

I lavori tuttavia non erano ancora finiti. Già in precedenza don Alberione aveva notato: «Si è osservato che la costruzione della chiesa dedicata alla Regina degli Apostoli è troppo preziosa. A me spiace solo non farla abbastanza bella, spiace non aver ancora portato a termine tutto, specialmente l’altare a Gesù Maestro e l’altare a San Paolo» (Ipsum Audite, marzo 1957).

Intanto, il 30 giugno 1959, il Card. Mimmi consacra solennemente il “campanone”, collocato nell’arco sovrastante la facciata settentrionale del Santuario. È come un invito della Vergine a raccogliersi in preghiera.

Finalmente, in occasione del XIX centenario della venuta di San Paolo a Roma, vengono eretti due altari – in onore di Gesù Maestro e di san Paolo apostolo – nei due bracci ai lati del presbiterio, benedetti il 18 marzo 1961 dal Card. Arcadio Larraona.

Si compiva così il ciclo rappresentativo delle devozioni paoline: dopo l’altare alla Regina degli Apostoli, si avevano anche gli altari al Divin Maestro e a San Paolo.

Ora il Santuario, nelle sue tre stratificazioni – il Tempio, la Cripta, la Sottocripta – corona finalmente l’antico desiderio di don Giacomo Alberione e dei primi Paolini: avere come segno esterno della propria spiritualità le “tre grandi chiese”, dedicate rispettivamente al Divin Maestro, alla Regina degli Apostoli, a San Paolo Apostolo.

Un’appendice preziosa di tale compimento si ebbe quando anche la sottocripta acquistò, almeno in parte, la configurazione voluta da don Alberione, e fu benedetta il 31 maggio 1966.

Il 26 novembre 1976 il Tempio “Regina degli Apostoli” diviene sede di una parrocchia con circa 30.000 fedeli affidati alle sue cure. Il primo gennaio 1977 il Papa Paolo VI compie la visita pastorale nella nuova parrocchia.

Infine, con lettera del 4 aprile 1984, il Papa Giovanni Paolo II, dichiara: «nella ricorrenza dell’anno centenario della nascita del fondatore don Giacomo Alberione… in occasione dell’anno settantesimo della fondazione della stessa Società e nell’anno trentesimo della consacrazione del Tempio della Regina degli Apostoli… ci piace che il Tempio della Regina degli Apostoli… sia decorato con il titolo e la dignità di Basilica Minore». E il 9 dicembre viene in visita pastorale nella Basilica.