IL PATTO PER UN SANTUARIO

«L’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno 1940 non colse di sorpresa Don Alberione, che usava seguire con intensa attenzione il corso degli avvenimenti internazionali… Il suo pensiero non andava solo a quel centinaio di persone che, nel seminterrato, a pochi passi da lui, trepidavano e tremavano per i possibili bombardamenti che potevano colpire la capitale, ma anche, e forse più ancora alle molte comunità paoline che, in Italia e in altri paesi, erano molto più esposte alle disastrose sorprese della guerra o ne avevano già subito le tristi conseguenze…» (Luigi Rolfo, Don Alberione. Appunti per una biografia, Edizioni Paoline, Alba 1974).

«La loro ansia giunse con argomenti validissimi al cuore del Padre: don Giacomo Alberione. A lui avevano affidato la loro vita; a lui competeva la tremenda responsabilità di disporne. E la sua risposta fu un atto di fede e di coraggio sconcertanti: “Rimanete tutti al vostro posto, fate tutto come prima, nei limiti del possibile. Affido la vostra vita alla Regina degli Apostoli. Se ci salverà, erigeremo per lei un tempio degno delle sue misericordie”» (Renato Perino, Nata da un voto una grande chiesa, in: Orizzonti, 12 dicembre 1954).

Determinante, per il tempo e il luogo di costruzione della chiesa, è stato però un bombardamento aereo su Roma. Era il 28 dicembre 1943. Verso le 14 le sirene danno l’allarme. Uno stormo di bombardieri avanza da Ostia verso Roma. Sempre più vicino alle case paoline. Tutti corrono nella grotta rifugio. Don Alberione si preoccupa delle sue suore. Si dirige verso la loro casa. A metà strada, un grande fragore. Una bomba cade a pochi metri da lui. Quattro persone, di cui due bambini, colpite dalle schegge, muoiono. Nessuna vittima tra le suore, e lo stesso don Alberione rimane illeso. Il voto di don Alberione si precisa e acquista maggior forza e motivo: «Maria, Madre e Regina degli Apostoli, se salverai tutte le vite dei nostri e delle nostre, qui costruiremo una chiesa al tuo nome!». E il voto prende fisionomia. Il «qui costruiremo» era localizzato nel luogo dove era caduta la bomba, luogo che poi verrà compreso nel circolo segnato sul pavimento, al centro della chiesa, e circoscritto dalle parole che ricordano l’evento.

Terminata la guerra (25 aprile 1945), la verifica. Non una sola persona appartenente alla Famiglia Paolina era deceduta o aveva riportato menomazioni fisiche. In mezzo a tante rovine, ai bombardamenti, alla prigionia, ai pericoli di ogni tipo, la Madonna aveva fatto la sua parte. A conferma anche alcuni episodi straordinari. La bomba che cade vicino a don Alberione e lo lascia incolume. Una bomba fa crollare l’edificio posto sopra il rifugio delle suore senza lasciar loro via di fuga, ma una seconda bomba apre loro un varco di salvezza. I sacerdoti, chiusi in carcere in paesi comunisti, ne escono senza conseguenze nonostante le restrizioni e i condizionamenti subiti…

Ora toccava ai Paolini dare corpo al loro voto. Così, nel maggio 1945, nonostante le difficoltà economiche e la complicata configurazione del terreno, don Alberione decide la costruzione di un grandioso Tempio dedicato alla Regina degli Apostoli.

«La Chiesa alla nostra Madre, Maestra e Regina sarà:

  • una prova duratura di riconoscenza a Maria;
  • una preghiera vivente per le necessità nostre;
  • un centro di devozione e pietà mariana;
  • un faro di luce per le vocazioni;
  • un trono di grazia per tutti;
  • una calamita per le vocazioni religiose e sacerdotali»

(Don Giacomo Alberione, in: Vita Nostra, ottobre 1945).

«Le chiese a San Paolo e a Gesù Cristo Divino Maestro sono costruite; ora non dimenticheremo la Madre!… A Roma sarà la chiesa centrale della Pia Società, delle Figlie di San Paolo, dei Cooperatori… Sarà la chiesa della pietà mariana… Sarà la chiesa delle vocazioni» (Don Giacomo Alberione, La chiesa alla Regina degli Apostoli, in: Unione Cooperatori Apostolato Stampa, gennaio/febbraio 1946).

Altri avrebbero rimandato a tempi migliori. Per don Alberione non si trattava solo di cifre. Era una questione di fede e di riconoscenza. «Maria ha mantenuto la sua promessa, noi dobbiamo mantenere la nostra». La parola d’ordine divenne, dunque: costruire.

Abbandonato il progetto dell’ingegner Gallo di Torino, non più rispondente alle esigenze delle comunità paoline e dei fedeli della zona, prevalse il progetto realizzato dallo studio Forneris-Favini di Roma. Esso rendeva, in tutte le espressioni di architettura, scultura, pittura, l’idea circa la vocazione e la missione della chiesa stessa.

Sul piano esecutivo ci sono subito delle difficoltà da superare. Il luogo scelto non era certo l’ideale, essendo sul versante di una collina con un dislivello di 14 metri. Si dovette perciò procedere allo sterro del terreno per preparare la piattaforma in cui innestare le fondamenta.

Un secondo problema fu il fiume d’acqua sotterraneo. Non fu un lavoro facile e nemmeno breve. Vennero calati 900 pali di cemento, che dovevano fungere da palafitte, fino a 15 metri di profondità. Su di essi avrebbe poggiato tutta la costruzione. Si lanciano iniziative varie per raccogliere i fondi necessari alla gigantesca realizzazione, e si moltiplicano gli inviti a pregare costantemente. «La chiesa alla Regina degli Apostoli sarà il pensiero dominante del 1947; sarà la grazia che ogni giorno chiederemo; sarà il nostro lavoro e compito principale», dirà don Alberione.

Nonostante questa fede e una fiducia instancabile nella divina Provvidenza, don Alberione si rendeva conto dei rischi e delle perplessità che suscitava con la costruzione di un Tempio cosi grandioso e costoso: «Si dice: Si spende assai per la Chiesa alla Regina degli Apostoli. Si risponde: ma questo è uno scavare un pozzo che deve dissetare tutti e innaffiare tutto! Non è perdita, né significa impegnare denaro improduttivo, senza interesse: dalla chiesa avremo i più grandi interessi… dalla chiesa avremo più grandi beni… Questa è l’ora della Madre; occasione di grande merito».

La sera del 19 agosto 1947 il Cardinal Salotti viene a benedire e a collocare nel pilone di destra presso il presbiterio la prima pietra della chiesa alla Regina degli Apostoli. È una grossa pietra di travertino del peso di 350 kg che racchiude medaglie e monete pontificie del Papa regnante Pio XII, e una artistica pergamena firmata dallo stesso cardinale. Erano i primi Vespri della festa di S. Bernardo, giorno che ricordava il 33.mo anniversario di fondazione della Società San Paolo. Quella pietra era un punto di arrivo nei lavori, perché si era già alla chiesa superiore, e costituiva anche il punto di partenza per un maggior slancio e un più amoroso impegno. Ma era soprattutto il frutto delle preghiere e del lavoro di migliaia di religiosi e laici che, in ogni parte del mondo, erano coinvolti nel voto di don Alberione.

Il 20 agosto 1947, di buon mattino, su un altare improvvisato, don Alberione celebra la prima santa Messa nella Cripta del Santuario in costruzione. Dirà: «Non fermiamoci all’opera umana: è Dio che ha fatto. Solo a Dio l’onore e la gloria. È per sua bontà se siamo giunti a questo punto. Da oggi in poi non guarderete più questo edificio come una imponente costruzione che si sviluppa, ma come la casa di Dio, casa di orazione» (Don Giacomo Alberione, Un po’ di cronaca. Da Roma 19-20 agosto, in: Vita nostra, settembre 1947).

«La Famiglia di San Paolo avrebbe costruito e dedicato una chiesa alla Regina degli Apostoli? Sì. E dove? A Roma, dove l’apostolato ha fonte, dove la Regina degli Apostoli ebbe il più antico culto dagli Apostoli stessi. Questo si pensò, si vide, si stabilì, si dichiarò fin dal 1926. Poi venne un nuovo motivo: la Madonna, durante la guerra, guardò, protesse, custodì tutta la famiglia Sampaolina, in ogni parte del mondo. E allora anche ex voto, ebbe inizio e principio la costruzione… Ed ecco ora vien su, il tempio alla Regina degli Apostoli» (Don Timoteo Giaccardo, in: Vita nostra, luglio 1947).

E don Alberione, riportando le parole di don Timoteo Giaccardo, afferma: «Questa è la Chiesa capo e centro delle Famiglie Sampaoline; è la Chiesa della Congregazione, non una chiesa!… Essa quindi deve sorgere dall’affetto e dal cuore, dal sacrificio e dalla preghiera, dall’oblazione e dall’opera di tutta la Famiglia Sampaolina; ad essa si rivolgono i pensieri, i desideri, gli ossequi di ogni Casa, di ogni terra, di ogni figlio, di ogni famiglia. È la Casa della Mamma; la dimora della “nostra Madonna”. E da questa casa, da questa Chiesa, da ogni mattone che si edifica, scenderà su ognuno, su ogni casa, su ogni paese la benedizione fecondatrice della Madre, accompagnata dal suo occhio bello e dalla sua mano protettrice. Vogliamo ognuno essere di questa chiesa una pietra viva ed eterna» (San Paolo, ottobre-novembre 1947).

Dal 1947 al 1951 si susseguono lavoro e sacrifici. Mattone su mattone i muri si alzano e la volta della cupola prende forma, in tutta la sua maestosa imponenza. «La nuova chiesa non è la semplice cappella di una comunità; per quanto, anche in questo caso, sarebbe la preziosa, pia abitazione di Dio in mezzo agli uomini. Neppure sarà una chiesa in uso della popolazione circostante; sebbene anche questo fine basterebbe a giustificarne la costruzione e le spese. La nuova chiesa è destinata a grandioso e devoto Santuario di Maria. È il voto della riconoscenza di figli e figlie. È l’espressione dell’amore più intenso alla Madre. È il trono di grazie che Maria spanderà su tutta la terra. È il convegno, la luce e la sorgente di molte vocazioni. Qui la Madonna che trasforma i peccatori in santi. Qui la Madonna che cambia i santi in apostoli. Qui la gioia e il conforto di chi lavora per Gesù Cristo e la vera Chiesa. Già si pensa allo splendore delle solennità liturgiche. Già si pensa alle pie e intime funzioni quotidiane. Già si pensa ai pellegrinaggi, alle confessioni, alle comunioni senza numero. Le continuate adorazioni moltiplicheranno alla Chiesa le schiere dei sacerdoti, religiosi, religiose. I canti e le preghiere toccheranno i cuori. La Parola di Dio eleverà le anime nella luce divina. Il dubbioso sarà illuminato; il debole sarà fortificato; l’infermo sarà curato; l’afflitto troverà consolazione; lo studente avrà la scienza, tutti troveranno pace, salute, salvezza» (Don Giacomo Alberione, Tempio o Santuario alla Regina degli Apostoli?, in: Unione Cooperatori Apostolato Stampa, settembre/ottobre 1950).